Cari amici ridenti,
oggi vi voglio presentare un articolo di Daniel Goleman, con riflessioni interessantissime sul multitasking, l’attenzione, l’empatia, la meditazione e ovviamente l’intelligenza emotiva.
I danni del multitasking
Nell’era digitale soffriamo tutti di una vita “caotica catastrofica”: email in arrivo, messaggi telefonici, testi dalla stampa, ecc, da tenere tutti sott’occhio e allo stesso tempo – senza considerare gli aggiornamenti di Facebook, Whatsapp, Instagram e tutti gli altri social media. Grazie all’ubiquità (disponibilità) di smartphone e simili, le persone al giorno d’oggi sembra ricevano molte più informazioni rispetto al passato.
Decenni prima di iniziare ad affogare nel mare delle distrazioni, lo scienziato cognitivo Herbert Simon fece questa precisa osservazione:
“Ciò che l’informazione consuma è l’attenzione. Abbondanza di informazione significa povertà di attenzione”.
Inoltre, ne risente molto anche la nostra connessione sociale. Non avete mai avuto l’impulso di dire ad un bambino di posare il telefono e guardare negli occhi la persona a cui parla? La necessità di tale consiglio sta diventando sempre più comune poiché le distrazioni digitali reclamano altre vittime: abilità umane chiave come empatia e presenza sociale.
Il significato simbolico del contatto visivo, di mettere da parte ciò che stiamo facendo per connetterci, risiede nel rispetto, nell’attenzione e nell’amore. Carenza di attenzione verso coloro che ci circondano invia un segnale di indifferenza. Le norme sociali sull’attenzione per le persone attorno a noi si sono inesorabilmente e silenziosamente modificate.
Siamo tuttavia ampiamente sordi a questi effetti. Molti utenti del mondo digitale, ad esempio, sono orgogliosi della loro capacità di operare in multitasking, continuando il loro lavoro principale anche quando si trovano sommersi da altri canali di informazione. Una stimolante ricerca della Stanford University ha però dimostrato che questa idea è solo un’illusione – il cervello non funziona in “multitasking”, cambia invece rapidamente da un compito (il mio lavoro) all’altro (video divertenti, update degli amici, messaggi urgenti, ecc.).
I compiti che richiedono attenzione non vanno realmente in parallelo, come implica il concetto del “multitasking” ; c’è invece un rapido cambio di attenzione da uno all’altro. E, a seguito di ogni cambio, quando la soglia di attenzione ritorna al lavoro iniziale, la concentrazione diminuisce in modo significativo, richiedendo anche diversi minuti per ritornare ai livelli di concentrazione massima.
Questa tipologia di problema si manifesta anche nel resto della quotidianità. Per una persona, l’incapacità di filtrare il rumore (tutte le distrazioni cui siamo sottoposti) dal segnale (ciò su cui ci si deve concentrare) crea una confusione su ciò che viene considerato importante, e, conseguentemente, un calo nella capacità di impegnarsi su ciò che realmente è importante.
I ricercatori di Standford hanno scoperto che multitasker pesanti sono più propensi ad una facile distrazione; quando essi cercano di concentrarsi su di un’unica cosa da fare, il loro cervello attiva molte più aree di quelle strettamente necessarie per il compito da eseguire – e questo è un indicatore neurale della distrazione.
Ne risente anche la capacità di lavorare in multitasking in maniera efficiente.
Clifford Nass, uno dei ricercatori, ha espresso il pensiero che i multitasker siano “perdenti a causa dell’irrilevanza“, che ostacola non solo la concentrazione, ma anche la capacità analitica di comprendere e l’empatia.
Il controllo cognitivo, d’altra parte, permette di focalizzarsi su uno specifico obiettivo, di tenerlo a mente e resistere alle distrazioni, abilità danneggiata dal multitasking. Una concentrazione determinata è essenziale in svariati lavori come ad esempio il controllore di volo (dove gli schermi possono essere pieni di distrazioni) o, anche, solo per portare a termine la lista delle attività giornaliere.
Buone notizie: il controllo cognitivo si può rinforzare
Ci sono tuttavia buone notizie per i multitasker: il controllo cognitivo può essere rinforzato. Alcuni studenti universitari si sono offerti volontari per provare delle sessioni della durata di dieci minuti in cui dovevano concentrarsi, contando, sul loro respiro e, in seguito, compiere un’azione di controllo come leggere il giornale o controllare i messaggi.
Solamente tre minuti di respirazione erano sufficienti per apprezzare un aumento della loro soglia di attenzione, su una batteria di test. I benefici maggiori erano riscontrabili nei multitasker pesanti, che nei test iniziali avevano avuto i risultati peggiori.
Se agire in multitask sfocia in un’attenzione debole, un allenamento della concentrazione, come può essere il conteggio dei respiri, offre un metodo per tonificarsi, almeno nel breve termine. Ma non c’è stato riscontro sulla durata del beneficio dell’attenzione – il miglioramento si è avuto subito dopo “l’allenamento”, ma non si è trattato di un effetto duraturo.
I circuiti cerebrali dell’attenzione necessitano di sforzi maggiori per creare un tratto stabile.
Tuttavia, anche i principianti nella pratica meditativa possono affinare le loro abilità di attenzione, con benefici sorprendenti. Ad esempio, dei ricercatori della University of California di Santa Barbara hanno fatto seguire a dei volontari degli esercizi di mindfulness (consapevolezza) per otto minuti, riscontrando che questa piccola sessione di concentrazione (confrontata con la lettura di giornali o anche solo rilassamento) ha abbassato il flusso dei pensieri successivi.
Mentre tale scoperta è stata interessante, ciò che è seguito è stato ancora più sorprendente. Gli stessi ricercatori hanno fatto seguire, ai volontari, un corso di due settimane sulla consapevolezza del respiro, ed altre attività quotidiane come mangiare consapevolmente, per un totale di sei ore, aggiungendo una sessione incentivante di dieci minuti ogni giorno. Il gruppo di controllo attivo ha studiato l’alimentazione per lo stesso periodo di tempo. Nuovamente, la mindfulness ha migliorato la concentrazione e diminuito il vagare dei pensieri.
Una sorpresa: la consapevolezza ha migliorato anche la memoria di processo (working memory) – la capacità di tenere a mente le informazioni che saranno poi trasferite nella memoria a lungo termine. L’attenzione è cruciale per la memoria di processo; se non si presa attenzione, sarà impossibile memorizzare informazioni numeriche.
Tale “addestramento alla consapevolezza” si è svolto mentre il gruppo di volontari frequentava ancora le lezioni. L’incremento nella loro attenzione e nella loro memoria di processo ci fa comprendere la ragione della sorpresa maggiore: i loro punteggi d’esame sono aumentati di più del 30 percento.
Fonte https://www.linkedin.com/pulse/multitasking-isnt-making-you-more-efficient-its-frying-daniel-goleman/
Traduzione a cura di Andrea Magnabosco
Master Trainer di Yoga della Risata e Ambasciatrice di Yoga della Risata nel mondo, sto formando centinaia di Leader e Teacher in tutta Italia. Ho contribuito all’apertura di oltre 250 Club della Risata e conduco sessioni in tutte le applicazioni, soprattutto nel mondo aziendale.
Sono la prima trainer italiana di Heartmath® e mi occupo di gestione dello stress e delle emozioni con la pratica della coerenza cardiaca. Sono speaker e formatrice, appassionata di risata, intelligenza del cuore e felicità. Ho fondato La specie felice insieme al mio consorte Matteo Ficara. Sono autrice del libro Ridi Ama Vivi, bestseller per Bur Rizzoli
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