Cari amici ridenti,
oggi voglio condividere con voi la straordinaria testimonianza dell’attività di Yoga della Risata nel carcere di Rebibbia di Cinzia Perrotta, splendida educatrice che ho avuto l’onore di certificare Teacher e che sta facendo delle meraviglie grazie allo Yoga della Risata.
“Ciao a tutti, sono Cinzia, ho 23 anni, sto per laurearmi in Scienze dell’Educazione, e da poco nella vita… RIDO E FACILITO RISATE, FELICEMENTE! E, supportata da una fantastica Associazione di nome “YoRido”, sto intraprendendo anche un entusiasmante percorso da formatrice, per far nascere nuovi Leader di Yoga della Risata super motivati.
Oggi voglio parlarvi dell’esperienza che ritengo più bella nel mio impegno in questa disciplina, che è sicuramente il mio Club di Risate nato in carcere, al Nuovo Complesso maschile di Rebibbia.
Testimoniare quello che accade non è facile, dovreste vedere i volti, i sorrisi e gli sguardi dei detenuti che hanno aderito, per farvi meglio un’idea.
Comunque ci voglio provare, perché è importante per me che si sappia, e che altri possano essere stimolati a tentare questa strada (impervia) ma meravigliosa.
Faccio parte da quasi due anni di un’associazione di volontariato in carcere (VIC Onlus), partecipando a diverse attività, dall’ascolto, alla mediazione, alla caritas, e altro. Con il VIC, che mi ha dato fiducia, ho intrapreso il progetto “Ridere: una cosa seria”, a Giugno 2016, oggi giunto alla seconda edizione, arricchita e ampliata.
Quando ho avviato il Club, ero ancora Leader, ma sessione dopo sessione è nato in me il desiderio di diventare Teacher, e formarmi con la Master Lara Lucaccioni, una donna ridente che non conoscevo se non virtualmente e che sentivo umanamente vicina.
In qualità di volontaria, entravo in carcere già libera dai pregiudizi o dalle paure (o almeno della maggior parte) che si possono riscontrare le prime volte che si entra a contatto con chi vi è recluso.
Nella mia esperienza avevo visto tanti detenuti piangere, giovani e vecchi, e a tanti avevo asciugato le lacrime. Non mi era ancora capitato di vedere un detenuto ridere fino alle lacrime.
Avevo assistito ovviamente anche a alcuni conflitti o qualche piccola rissa. Ma non avevo mai visto litigare dei detenuti attraverso il Gibberish…
L’idea di portare lo Yoga della Risata in carcere
Un giorno, durante un colloquio, ho conosciuto un ragazzo mai visto prima, molto giovane. Gli ho chiesto forse banalmente, forse superficialmente… “come stai?”. La risposta è stata “come devo stà secondo te, in galera ci si sta per soffrire”. Nel giro di pochi secondi già nella mia mente cominciava a farsi prepotentemente spazio l’idea dello Yoga della Risata in carcere, quasi in modo provocatorio, per ribadire come da Costituzione, con fatti concreti, il concetto di Istituzione per la sicurezza e per l’educazione, non per la sofferenza e la vendetta.
Non credo che si possa imparare poi molto dalla sofferenza, e dalla sofferenza prolungata e intensificata a quel livello; credo che molti uomini/donne e molti ragazzi avrebbero più bisogno di imparare dalla bellezza della vita, dalla gioia, dalla spensieratezza, dalle occasioni, dalla fiducia, dal contatto umano, insomma… da quello che a volte non hanno mai avuto.
Portare lo Yoga della Risata in carcere ha voluto dire tantissime cose:
Ha significato chiedere a chi ha avuto un’infanzia troppo breve e complicata, di ridere e giocare come il bambino che non è mai potuto essere fino in fondo, senza temere di finire dallo psichiatra.
Ha significato dimenticare per qualche ora le cose negative ben visibili nella vita di tutti i giorni, per cercare di cogliere le cose positive, o di crearle insieme, e sforzarsi di vedere ognuno negli altri compagni le qualità che aspettavano di essere notate, riconosciute e valorizzate… in poche parole, tutti uniti per evadere col pensiero in realtà migliori.
Ha significato far togliere per qualche ora quelle maschere dure e aggressive, e sostituire la potenza dei muscoli o del cognome… alla potenza della risata contagiosa, che non farebbe paura nemmeno a una mosca, che ci ha reso finalmente umani e vulnerabili, “tutti stupidini” senza più prenderci sul serio, tutti uguali, ognuno con una risata più o meno particolare, più o meno disinibita e liberata, tutti stranieri l’uno per l’altro, ma uniti.
Soprattutto ha significato, in quel mondo intriso di burocrazia e di gerarchia, portare leggerezza, spontaneità, rapporti diretti, non mediati, reali…. portare informalità.
Nei Club dello Yoga della Risata, inutile dirlo, ci si può permettere molto più di quello che normalmente è socialmente consentito e apprezzato, considerato normale.
E infine… ha voluto dire, per alcuni di loro, fare i conti con il proprio giudizio su se stessi, con la stima di sé e con il senso di colpa che li spingeva a pensare di non meritare di ridere, quando invece… si può piangere, e soprattutto si può ridere, anche quando si ha una lacrima tatuata sotto l’occhio…
Cos’altro ho potuto portare in carcere grazie allo Yoga della Risata?
Le celle sono uno spazio stretto e sporco, più volte il nostro Paese è stato condannato per le condizioni detentive, le persone che convivono in una cella hanno numerosissime possibilità di entrare in conflitto tra loro durante l’arco della giornata, lenta e ripetitiva.
Portare novità, portare solidarietà a quei corpi ristretti, è stato importantissimo. Lo Yoga della Risata è una disciplina che ti consente di prestare attenzione al corpo come veicolo di emozioni (motion creates emotion), di apprendimento, di benessere e di salute, sfruttando l’unità psicosomatica (il doppio legame dalla mente al corpo, e DAL CORPO ALLA MENTE) che ci permette di dire in modo rivoluzionario…
“Non ridiamo perchè siamo felici ma siamo felici perchè ridiamo”.
Abbiamo fatto tante meditazioni sul corpo (l’onda luminosa che lo attraversa, il corpo come montagna solida e stabile nonostante le intemperie, il corpo sulla spiaggia col suono degli uccellini e l’acqua rinfrescante, ecc..). Ho insegnato la respirazione consapevole, che, dai feedback che ho ricevuto, si è dimostrata un’alleata per tutte le sere in cui non si riesce a rilassarsi e a dormire.
Ho portato l’attenzione a parti del corpo come pancia e diaframma, distogliendola dai bicipiti e gli altri muscoli che solitamente sono gli unici ad essere allenati.
Soprattutto, ci siamo abbracciati tanto tutti, abbiamo giocato a rincorrerci, abbiamo fatto la meditazione della risata ognuno sulla pancia dell’altro, ci siamo impegnati ognuno a far ridere l’altro, siamo rimasti sdraiati per terra, ad ascoltare musica rilassante (generi mai ascoltati prima).
Siamo rimasti anche inattivi semplicemente a parlare di noi, a conoscerci meglio e far fluire i pensieri, i ricordi, i desideri.
Abbiamo condiviso qualche bibita che ci offrivano e che compravano per noi, brindando al nostro percorso, sperando che tanti altri abbiano la volontà di intraprendere dei percorsi accoglienti in carcere, a contatto con altri uomini uguali, portatori di storie differenti.
Abbiamo fatto tanti giochi cooperativi, giochi ad occhi chiusi, giochi di fiducia in cui sintonizzarsi con gli altri.
Praticare Yoga della Risata, per chi ha un corpo controllato a vista, colonizzato, con orari stabiliti per mangiare o per lavarsi ecc, vuol dire riappropriarsi per un certo verso del potere sul proprio sacro corpo.
Vuol dire inviargli messaggi d’amore, vuol dire farci pace, vuol dire concentrarsi sulla respirazione per calmare i pensieri, per rallentare, assumere pose felici da grandi attori, per sentirsi davvero un pochino più felici.
Un enorme potere, riconquistato su di sé, senza che nessuno lo sappia. Il potere di viaggiare con la mente visualizzando posti lontani, cercando di ricordare i suoni scomparsi, come il suono delle onde.
Ho trasmesso meglio che potevo la filosofia e lo spirito dello Yoga della Risata, come messaggio di pace e di cura.
L’ho fatto con parole semplici, sfruttando al massimo il tempo che avevamo.
Ancora non sapevo e non sapevo fare tante cose, metterò in pratica ciò che ho appreso solo ora, al Teacher Training di Lara Lucaccioni, idee che vengono dalla forza motivazionale derivante anche dall’incontro con Gilberto Tosoni, un altro Teacher con esperienza in carcere, e energia da tutto il gruppo di miei compagni che mi penseranno durante le sessioni, inviandomi la loro energia.
Mi ha fatto enormemente piacere durante questo Teacher Training contagiare con questa passione gli altri miei compagni di corso, vederli porsi e pormi delle domande, e vedere nuovi progetti sbocciare nei loro desideri.
Indubbiamente si trovano delle resistenze e degli ostacoli, delle barriere mentali, delle barriere materiali, e tanta burocrazia, nell’impresa di fare Yoga della Risata in carcere, ma altrettanto indubbiamente i detenuti ricaricheranno ad ogni incontro la passione e la volontà necessari per persistere. Non si può più tornare indietro, a quel punto, vi avviso!
Ricordo ancora la seconda o la terza sessione che facevo con questo gruppo di 10 detenuti, che ora arriveranno forse a essere una ventina (anche se tanti altri vorrebbero avere la possibilità di praticare).
C’era la partita di calcio, l’Italia giocava agli Europei, e io volevo rimandare direttamente l’incontro, convinta che non sarebbe venuto nessuno.
Già normalmente, partecipare allo Yoga della Risata significa rinunciare all’ora d’aria che gli altri consumano contemporaneamente, ma con il calcio sentivo di non avere possibilità (Calcio vs Yoga = 1 a 0 direttamente, mi dicevo).

La mia compagna e responsabile di volontariato, Cristiana, che pur non conoscendo la nostra disciplina, mi ha agevolato e accompagnato durante il progetto, mi ha incoraggiato a presentarmi comunque al Club, e aveva ragione.
Non sono venuti tutti, ma la maggior parte, e con un gran sorriso, come a dire “sono pronto!”.
Ne sarebbe valsa la pena anche per uno solo di loro.
Il Leader deve assolutamente essere una presenza, i detenuti CI ASPETTANO, per giorni e ore, dopo quella dimostrazione non ho mai pensato di assentarmi (nonostante la febbre, nonostante i permessi da prendere a lavoro, nonostante quelli che ti chiedono “ma non ti pagano… chi te lo fa fare, ma perchè proprio con loro…”).
L’ultimo giorno prima della pausa estiva nel mese di Agosto, festeggiavamo anche il compleanno di un’altra volontaria, la mitica Eleonora, che sarà presto Leader (formandosi con me!), e chissà quali magie riuscità a fare.
Ci avevano preparato delle sorprese, un regalo artigianale per lei, lettere per me, un buffet dolce e salato (che però non avevano fatto autorizzare e non abbiamo potuto mangiare).
Prima di salutarli, ho consegnato loro una brochure che avevo scritto riepilogando il nostro percorso, con frasi e immagini rappresentative dello Yoga della Risata, e l’abbiamo letta tutti insieme.
Poi, con la risata “sfilata di moda” ognuno è venuto a prendersi il suo attestato, firmato dal Coordinatore in qualità di Funzionario Giuridico Pedagogico, la grande alleata Deborak, e dalla Direttrice del carcere, con cui ho avuto il piacere di collaborare.
Su ogni attestato c’era una frase personalizzata per loro, per ringraziarli del particolare contributo che avevano dato al corso che LORO hanno reso così speciale.
È stato emozionante, per alcuni era il primo attestato di tutta la vita. Poi ho consegnato dei cd con della musica rilassante… insomma… non riuscivo a separarmi da loro e volevo lasciargli qualcosa di mio, perchè io partivo in vacanza e per andarmi a formare meglio con il Teacher Training, ma dovevo lasciarli lì.
Gli ho fatto anche ascoltare le risate registrate di tanti Leader e Teacher, che, pur non conoscendo né loro, né me, avevano accettato di chiamarli per nome, salutarli, e ridere (compresa quella che di lì a poco sarebbe stata la mia Master Trainer, Lara).
Mi è capitato anche di sognarlo la notte, quel meraviglioso e stravagante gruppo, che ora riprenderò a condurre. Di sicuro, non lo dimenticherò mai, non vedo l’ora di poterlo raccontare ai miei nipoti un giorno, delle risate che mi sono fatta in carcere.
Devo ringraziare lo Yoga della Risata e il Dr. Madan Kataria (che potrò conoscere tra qualche giorno al suo evento a Civitanova Marche!!!), non solo per quello che mi ha donato (da donare a mia volta), ma per tutte le risate future che verranno, in qualsiasi contesto in cui le andrò a cercare e le troverò.
Ovunque andrò, resterò sempre in linea con la filosofia dello Yoga della Risata, cioè sempre in linea con l’incontro con l’altro e con il non giudizio.
Ogni volta che supererò quei cancelli, spegnerò il giudizio e accenderò l
e risate.
Lo farò per me, lo farò per loro, lo farò per le loro famiglie, che sperano che qualcuno si prenda cura dei propri cari detenuti a cui loro non possono stare vicini.
Proprio qualche giorno fa, a una festa che abbiamo organizzato con le famiglie, una bimba piccola di due anni si è avvicinata a me in braccio al suo papà, e orgogliosa di lui mi ha detto: “Tu sei la maestra di papà! Guarda come so ridere!!”
Lo aspetta un duro lavoro come padre detenuto, costruire un rapporto con una bambina bellissima che ha visto sempre e solo in carcere, ma la risata li potrà aiutare… È una delle cose più belle che può insegnarle. Questo ragazzo crede in me, dice che farò grandi cose con lo Yoga della Risata, che devo continuare a formarmi, per poi portare lì dentro tutto quello che ho imparato. Beh, anche io credo in lui e glielo dirò presto… un giorno farai grandi cose!!!
Grazie per aver letto, auguro una bellissima giornata a tutti.”
Ho Ho Ha Ha – Cinzia Perrotta – Laughter Yoga Teacher
Sono Teacher di Yoga della Risata ed educatrice. Tre incontri fortunati hanno cambiato me e la mia vita: la pedagogia, lo yoga della risata, il volontariato in carcere.
Cinzia… Mi hai lasciato senza fiato. Con le lacrime che colano giù. Mi hai fatto venire voglia di abbracciarli anche a me i tuoi ragazzi. Hai tanti doni nel cuore pronti a invadere il mondo… Sono davvero onorata di averti conosciuta.
Dolcissima Cinzia, mi inchino alla tua meravigliosa grandezza!!!! Grazie Grazie Grazie, sto piangendo di gioia nel leggere ciò che hai pubblicato, già sapevo,ma leggerlo così, con l’intensità che emerge da queste parole è meraviglioso. Io ti sostengo con tutto il mio cuore e il mio amore, sei un grande esempio. Un abbraccio li LUCE ridente, Nicoletta
Ciao Cinzia sono Marina voglio solo ringraziarti d’avermi fatto piangere raccontandomi una storia di una bellezza incredibile fatta di tenerezza e semplicità. Anch’io sarò a Civitanova il primo ottobre e spero di avere la fortuna di conoscerti…
Cara Cinzia, mi ha entusiasmato con il tuo racconto, mi hai fatto conoscere un mondo sconosciuto fino ad oggi e alla fine mi commosso fino alle lacrime. Grazie splendida creatura, rideremo insieme a Civitanova con Lara e Dr. Kataria! Un abbraccio e buon lavoro fino ad allora! 🙂 Grejs
Cinzia, ti voglio bene anche se mi fai piangere… Ma presto ci troveremo a ridere insieme!!!
🙂
Cara Cinzia,
complimentissimi a te e a chi colabora con te. Si vede l’entusiasmo tuo e quello della tua Trainer molto contagiosa.
Sto facendo un progetto con l’associazione Sulle regole di Gherardo Colombo al carcere di Bollate, forse il più moderno e avanzato carcere d’Italia e ho voluto sperimentare con una classe delle scuole superiori di Gavirate un gruppo di giovani detenuti, quasi tutti sudamericani, lo yoga della risata e gli abbracci. Dopo aver fatto una partita di calcio tra le due squadre che si sono sfidate con correttezza, ma hanno vinto 4 a 3 i detenuti.
Il regista che ci accompagnava, diffidente rispetto alla spontaneità, ha rifiutato di fare le riprese ed è andato in biblioteca.
A un certo punto ha sentito un boato, tutti si stavano divertendo e io ho dovuto mettermi in disparte perché è partita una risata spontanea come una vera bomba. E al termine ho chiesto di abbracciare almeno 10 persone sorridendo.
E’ stato un Vulcano di emozioni e, come al solito, dalla spontaneità si è passati alla spontaneità in un nanosecondo. Ho avuto l’onore di pubblicare anche il libro OLTRESOFIA di Paola Saporiti, che parla del laboratorio fatto in carcere sui temi della Libertà e altri temi della quotidianità, proprio per far sperimentare spazi di libertà interiori.
Ancora complimenti a te e a Lara.
ciao, Alberto