Cari amici ridenti,
oggi diamo voce all’esperienza di Francesca Pieri, Teacher di Yoga della Risata che è quasi un anno che sta lavorando settimanalmente con lo Yoga della Risata in strutture con malati di Alzheimer insieme alla collega Maria Pia Nobile e che ci racconta questo viaggio pieno di amorevolezza.
“Aprile 2017 – Progetto pilota sperimentale di Yoga della Risata al centro diurno “Le Betulle” di Roma per persone che convivono con demenza e Alzheimer: tutto inizia da qui.
Spronata, come sempre, dalla mia Master Lara Lucaccioni e sostenuta dalla mia collega Maria Pia Nobile, che dal primo giorno mi ha sempre voluto al suo fianco, ho accettato questa sfida, perché comunque la mia curiosità mi spinge sempre oltre.
In fondo, il curioso (dal latino cura) è colui che si prende cura di, che si interessa di e ha voglia di sapere e conoscere cose nuove: mi piace l’idea di curare un nuovo progetto, di studiare per provare ad essere all’altezza della situazione.
Durante le settimane precedenti alla prima sessione ho letto veramente tante informazioni, scientifiche e non, che mi potessero aiutare ad approcciare in modo corretto queste persone e ho chiamato colleghi che già stavano lavorando in case di riposo o in centri Alzheimer.
Mi sono concentrata molto sulla mia risata e ogni giorno ho praticato la coerenza cardiaca. Tante emozioni in quei giorni di attesa sono uscite fuori ciclicamente: gioia, paura, rabbia e inadeguatezza. Ho provato amore per queste persone che avrei conosciuto, ma allo stesso tempo ero veramente spaventata.
Mi sono domandata se per loro vedendomi lì sarebbe stato lo stesso. Si sarebbero mai chiesti chi fossimo io e Maria Pia? Come ci avrebbero accolto? E soprattutto: come avrebbero reagito alle nostre risate e ai nostri “Molto bene, molto bene yeah”?
Tanti dubbi e tante domande che non sono servite a nulla quando per la prima sessione io e Maria Pia ci siamo trovate di fronte ai nostri nonnini.
E’ stata una delle esperienze più gratificanti della mia vita e da allora ogni settimana provo la stessa emozione quando varco la soglia di queste strutture e mi trovo di fronte i miei nonnini.
Si perché quando entri in un centro diurno o in una casa di cura, ti senti osservata da così tanti occhi che sono li ad aspettarti per “capire” a modo loro chi sei e cosa sei andata a fare. Le persone che convivono con l’Alzheimer non hanno nessun timore di fissarti negli occhi per lunghissimi tempi, di osservare i tuoi gesti, di ascoltare il suono delle tue parole.
Le persone con L’Alzheimer non sono lì per giudicarti, sono semplicemente li per creare un con-tatto, sono li perché ti vogliono trasmettere le loro emozioni, vogliono donare amore incondizionato a tutti coloro che li trattano da persone e non per la malattia che hanno.
Si dice che la nostra emotività dipende dall’amigdala che essendo la parte più istintiva è tenuta sotto controllo dalla corteccia, parte pensante del cervello, in particolare dal lobo frontale, generalmente uno dei primi ad essere intaccato da questa malattia. Ciò significa che la persona che vive con l’Alzheimer sperimenterà comunque emozioni, ma a volte può avere meno capacità di controllarle e questo ci porta a dire spesso che ha un comportamento irrazionale o inappropriato.
Ma se anche noi provassimo a staccare un attimo la spina dalla nostra corteccia celebrale e senza giudizio ci provassimo a relazionare con loro attraverso le emozioni, cercando di connetterci cuore a cuore?
Tra tutti i lavori letti mi sono imbattuta su quello del dottor Steven Sabat che ha presentato e discusso alla Conferenza Internazionale di Alzheimer a Boston, volto a capire la demenza da dentro e da fuori. Il Dr. Sabat ritiene che le persone con Alzheimer possano formare nuove associazioni emotive legate ai ricordi di come vengono trattate o da una esperienza. Poi, qualche tempo dopo, esse possono esibire l’emozione associata, anche se non possono ricordare coscientemente l’episodio legato a quell’emozione.
Ed è stato questo lavoro che ci ha portate a proporci in modo diverso: lavorando sulle emozioni, sul respiro e con il cuore.
Quando entriamo nelle sale, prepariamo il cerchio di sedie lasciando qualche postazione libera per le carrozzine, ci “agghindiamo” con coroncine di fiori e abiti colorati e spesso portiamo un piccolo regalino per i nostri nonnini: un cuore ritagliato di carta, un fiorellino finto da mettere nell’asola della maglia, un piccolo smile adesivo. E’ uno dei gesti che amano di più!!
Iniziamo ad accoglierli, uno ad uno, chiamandoli per nome; ad alcuni stringiamo la mano, altri amano essere abbracciati e altri ancora li baciamo e li accompagniamo a sedersi . Un commento sulla loro eleganza o su come sono ben curati è sempre il benvenuto: i loro occhi brillano quando facciamo loro i complimenti.
L’accoglienza è molto importante per lo svolgimento della sessione: più si sentono accolti e più saranno recettivi e fattivi per le proposte successive.
Da questo momento i loro sguardi sono su di noi: ogni movimento, ogni tonalità della nostra voce e ogni nostro con-tatto viene elaborato da loro in maniera emozionale.
Io e Maria Pia lavoriamo sempre all’interno del cerchio, generalmente siamo accovacciate e passiamo di fronte ad ognuno di loro quando proponiamo gli esercizi in modo da entrare nel loro spazio visivo ed in sintonia con loro per far si che possano percepire le nostre frequenze “d’amore”. Spesso ci accarezzano le mani e noi lo facciamo con loro: mani che hanno spesso delle vite faticose e difficili alle spalle, mani che ci raccontano tanto senza bisogno di parlare…
Facciamo il clapping, tanta respirazione e gli esercizi di risate.
Man mano che la confidenza aumenta richiedono sempre di più risate di con-tatto: la risata dell’abbraccio, la risata del saluto con la stretta di mano, la risata della carezza, la risata del batti cinque o del massaggino (che noi dobbiamo fare a loro mentre se la ridono), tutto alternato da tanta respirazione e vocalizzazioni.
E’ meraviglioso come si riescano a concentrare nella respirazione, come eseguano i piccoli “comandi” che gli proponiamo.
Anche il canto, uno dei quattro principi della gioia, ai nostri nonnini piace molto e così cantiamo le canzoni della loro giovinezza.
In particolar modo il canto ci ha permesso di sbloccare AM, una signora molto giovane con un Alzheimer precoce, che seppur non parlasse più, con lo sguardo non ci abbandonava mai e ci fissava dritto negli occhi. Riproduceva tutti i movimenti che facevamo (clapping, stretta di mano, abbraccio, etc ), ma non emetteva alcun suono.
In una delle prime sessioni Maria Pia propone di cantare Azzurro di Adriano Celentano. Dopo la prima strofa AM, che chiaramente non aveva cantato, si alza in piedi, ci prende le mani sempre fissandoci negli occhi e inizia a cantare con noi. Beh, ancora oggi a distanza di sei mesi ho ancora la pelle d’oca.
Da quel momento AM ha iniziato a dire il suo nome quando glielo chiedevamo, a battere le mani facendo ho-ho ha-ha-ha e a cantare tutte le canzoni che nel tempo abbiamo proposto.
In seguito a a queste esperienze quando arriviamo al centro, e AM ci vede preparare la sala per la sessione, non aspetta gli altri, non ascolta gli operatori che in quel momento sono con lei; AM parte e viene da noi: ci prende le mani e ci fissa negli occhi, senza mai chiuderli per minuti infiniti, in silenzio. Vuole capire come stiamo. Poi si avvicina alla nostra guancia, ci bacia e con un bel sorriso ci dice: “IO SONO AM”
Abbiamo ascoltato le emozioni: l’emozione che aveva provato l’ha voluta condividere con noi esprimendola con il movimento (venendoci incontro), con gli occhi (penetrandoci con lo sguardo), con il tatto (accarezzandoci le mani) e con il cuore (abbracciandoci amorevolmente). Ha espresso in maniera diversa i suoi pensieri ed è stato molto bello essere riuscite ad interpretarli.
Questa è una delle tante situazioni che abbiamo vissuto in questi mesi: continueremo a trattare i nostri nonnini da persone e non li tratteremo in funzione di una diagnosi.
Le persone che con-vivono con la demenza e L’Alzheimer conoscono, sentono e sono capaci di emozionarsi più di quanto noi pensiamo e se noi proviamo ad interagire con loro attraverso il cuore, potremmo continuare ad avere un forte legame con loro.”
Master Trainer di Yoga della Risata e Ambasciatrice di Yoga della Risata nel mondo, sto formando centinaia di Leader e Teacher in tutta Italia. Ho contribuito all’apertura di oltre 250 Club della Risata e conduco sessioni in tutte le applicazioni, soprattutto nel mondo aziendale.
Sono la prima trainer italiana di Heartmath® e mi occupo di gestione dello stress e delle emozioni con la pratica della coerenza cardiaca. Sono speaker e formatrice, appassionata di risata, intelligenza del cuore e felicità. Ho fondato La specie felice insieme al mio consorte Matteo Ficara. Sono autrice del libro Ridi Ama Vivi, bestseller per Bur Rizzoli
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