Cari amici ridenti,
oggi si unisce al gruppo di chi scrive in questo sito Francesco Cianci, Psicologo e Teacher di Yoga della Risata, uno dei più creativi e fantasiosi Teacher, che ho avuto l’onore di formare.
Oggi ci parlerà del sorriso, dal punto di vista scientifico.
Perché sorridiamo?

Ti sembra ostile o amichevole la faccia che stai guardando? Che cosa comunica il nostro sorriso? Perché sorridiamo?
Il sorriso è un messaggio sociale interpretato come un’ offerta di amicizia.
Gli esperimenti di Paul Ekman e di Eibl- Eibesfeldt Hass [1969] sulla decifrazione delle espressioni facciali da parte di individui appartenenti a culture diverse (tramite fotografie e filmati), concordano che non ci sono differenze sostanziali nel modo di sorridere e di “interpretare” il sorriso nei popoli culturalmente più diversi.
La mimica facciale e il significato attribuito sembrano essere universali: “una dichiarazione esplicita di disponibilità a instaurare un contatto amichevole e paritetico”.
Il contesto relazionale in cui si manifesta il sorriso è l’interazione a due: un incontro fra sconosciuti, fra conoscenti, fra amici e nelle interazioni genitori-figli. Le osservazioni etologiche rivelano nel sorridere un’azione istintiva e innata, specifica della nostra specie e che non ha bisogno di apprendimento. Il sorriso e la sua “interpretazione” sembrano operare come un “meccanismo scatenante innato”.
Questo non significa che la mimica del sorriso non possa combinarsi con altre mimiche facciali, dando luogo ad espressioni e significati complessi, ma la sua natura specifica resta invariante.
Il suo messaggio di offerta di amicizia è a carattere “anti-aggressivo”, anti-gerarchico, e coesivo.
Qual è quindi l’effetto del sorriso nella reciprocità fra adulto e adulto?
Il sorriso ha l’effetto di avvicinare due persone, riducendo la distanza relazionale fra loro, fino ad arrivare all’avvicinamento dei volti e al contatto fisico; facilita la formazione di una relazione paritetica e collaborativa, e quindi amicale. Inoltre non è affatto raro che compaia anche durante il corteggiamento.
Il sorriso spontaneo, già presente nella prima settimana di vita del neonato, si produce automaticamente in funzione di situazioni fisiologiche e non in risposta a stimoli relazionali.
Successivamente appare il sorriso di risposta, cioè il sorriso sociale, che scaturisce maggiormente alla vista del viso in movimento e al suono della voce umana. Se a un mese la visione degli occhi dell’adulto è sufficiente per elicitare un sorriso, intorno ai 7 mesi è necessario che l’adulto sorrida, affinché il bambino sorrida a sua volta. Progressivamente il sorriso cessa di essere una risposta obbligata e viene usato volontariamente dal bambino.
Qual è l’effetto del sorriso nelle interazioni bambino-adulto?

Guarda questa immagine.
Che emozione provi osservandola?
Hai appena sorriso a tua volta, vero?
Ti avvicineresti o ti allontaneresti da questo bambino?
Se senti il desiderio di avvicinarti, offrire un contatto protettivo,puoi intuire come il sorriso ci “inviti” ad ed entrare in contatto con gli altri e a prenderci cura dei cuccioli.
Il sorriso nell’infanzia costituisce un comportamento di attaccamento che motiva il care-giver ad accudire il bambino. Osservando dei filmati di interazioni fra madri e figli, Ambrose osserva che il sorriso precede il contatto protettivo e confortante: ogni volta che suo figlio le sorride, la madre gli sorride in risposta e lo prende in braccio; quindi gradualmente il bambino smette di sorridere e inizia a esplorare visivamente la stanza. Crescendo, il sorriso verrà utilizzato anche quando è attivo il sistema cooperativo legato alla capacità di percepire sé e l’altro simili nell’intenzionalità (Tommasello, 1999).
La filogenesi del sorriso.
Il sorriso è un segnale comunicativo tipicamente umano. Si evolve dal mondo dei primati con la funzione di ridurre l’aggressività e favorire la coesione nel gruppo.

Ceccarelli analizza tre importanti passaggi nell’evoluzione che si legano al sorriso: la nascita del linguaggio simbolico, la perdita del pelo e l’acquisizione della statura eretta. Perdendo il pelo, il cucciolo non riusciva più ad aggrapparsi attivamente alla mamma mentre si spostava. Occorreva dunque qualcosa che motivasse la madre a prendere in braccio il cucciolo mentre si muoveva nell’ambiente, un premio per il suo avvicinamento e la sua protezione: il sorriso.
Van Hooff (1972) ipotizza che il sorriso derivi dall’“esibizione silenziosa” a denti scoperti” (SBT), presente nei primati superiori. Tale mimica era originariamente un segnale di sottomissione che si è spostato verso la non ostilità, per arrivare infine durante l’evoluzione ad essere un segnale di amicizia (espressione del vincolo sociale), cambiando così di significato.
Tale segnale compare spesso fra scimpanzé legati affettivamente fra loro e quindi “amici”. Per Morris qualsiasi contatto sociale determina un leggero timore, perché non si conosce il comportamento dell’altro.
Così, se entrambi mostriamo che non abbiamo intenzioni aggressive, allora siamo amici! Scambiarsi un sorriso ci rassicura.
I mammiferi sociali possiedono una serie di azioni mimiche aggressive che mettono in atto durante un’interazione agonistica ritualizzata prima che degeneri in una lotta vera e propria. I “messaggi di minaccia”, come l’abbaiare di un cane ad esempio o il digrignare dei denti, costituiscono una sorta di “parata”, una dimostrazione di minaccia; sono emessi da uno o entrambi gli sfidanti. Ad essi si contrappongono i “messaggi di sottomissione” emessi da uno dei due conspecifici quando questi riconosce la superiorità dell’ altro. I comportamenti di sottomissione includono l’esibizione delle parti del corpo più vulnerabili, che vengono “offerte” alla mercé dell’altro.
Il messaggio inviato ha il potere di inibire l’attacco e bloccare l’aggressività dello sfidante che non li mette in opera: il lupo non può azzannare il collo che l’altro gli ha appena esibito. Alla vista dei segnali di sottomissione l’animale dominante inizia invece a inviare segnali di dominanza, come l’incedere solenne a sguardo alto.
Nelle specie sociali i messaggi di sottomissione determinano la fine della competizione ritualizzata e la creazione di una relazione asimmetrica permanente fra vincitore e vinto. Tale gerarchia di rango ha l’importante funzione di inibire future aggressioni e permette a vincitore e vinto di condividere lo stesso territorio, regolando l’accesso prioritario alle risorse.

Con alcune particolarità, anche nell’uomo possiamo osservare dei comportamenti riconducibili ai segnali di sottomissione: come l’inchinarsi, l’abbassare la testa, e tutti gli atteggiamenti di obbedienza e deferenza.
Ora, con la nascita del linguaggio simbolico la comunicazione faccia a faccia basata sul sistema agonistico-rituale si fa più incerta e il rischio di aggressioni diventa più alto. Era necessario quindi per l’adattamento (pressione selettiva) un’alternativa comunicativa al rango che disinnescasse le aggressioni e favorisse la coesione: per l’appunto il sorriso, che nell’uomo è assente e inibito nelle interazioni agonistiche e non determina l’inizio di una relazione asimmetrica: al contrario facilita l’instaurarsi di una interazione paritetica e simmetrica.
Sorridere ci aiuta a fare nuove amicizie ed è gratis: cosa aspetti? Sorridi!!!
Dr. Francesco Cianci, Psicologo, Teacher di Yoga della risata. francesco.cianci@me.com | 392 7690628
Bibliografia essenziale
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Teacher di Yoga della Risata e psicologo
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